Psicoterapia e trappole mentali: effetto cornice

Psicoterapia

PSICOTERAPIA. In psicoterapia molto spesso bisogna scardinare delle trappole mentali in cui il paziente inconsapevolmente cade a ripetere gli stessi schemi. Cos’è l’effetto cornice in psicoterapia? L’effetto cornice è una psicotrappola che il nostro cervello inconsapevolmente utilizza. L’effetto cornice molto spesso ci fa sfuggire gli aspetti salienti di un problema e ci fa fare delle scelte in base agli aspetti marginali.

Alla base di questa psicotrappola c’è il linguaggio che sapientemente utilizzato favorisce l’effetto cornice. L’esempio più classico è: pesa di più un chilo di piombo o un chilo di paglia? Ora la risposta la conosciamo tutti, ma se la facciamo ad un bambino la risposta non è scontata.

EFFETTO CORNICE

Se vuoi provare quando forte è questa psicotrappola puoi fare questo esperimento con i tuoi amici. Poni due bicchieri su un tavolo, uno pieno e l’altro vuoto; chiedi alla tua cavia di versare metà del contenuto del bicchiere pieno in quello vuoto; quindi digli di allungare il bicchiere mezzo vuoto. Quale dei due ti allungherà? Lo stesso esperimento venne fatto da due psicologi dell’Università della California con i propri studenti e la maggioranza porse il bicchiere che all’inizio era pieno.

Le agenzie pubblicitarie lo conoscono bene per questo motivo sarà più facile che una nota catena di fast food venda i propri panini attraverso una campagna pubblicitaria dove ci informa che i panini da oggi hanno il 70% di carne scelta e non dicendoci che gli hamburger hanno solo il 30% di grassi.

Sei ancora convinto che l’effetto cornice non ti condiziona nelle scelte che fai tutti i giorni?

Allora ti metto alla prova con questo dilemma: devi scegliere tra due tipi di interventi a tutela della salute pubblica minacciata da una epidemia che provocherà 600 morti. Nella prima versione poi scegliere tra un primo intervento (A) che salverà 200 persone, un secondo intervento che darà una probabilità su tre di salvare 600 persone e due su tre di non salvare nessuna persona (B).

Come ha dimostrato gli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman la maggioranza delle persone sceglie l’intervento A, anche se entrambi gli interventi hanno lo stesso esito finale, alla fine sempre 200 persone si salvano. Sembra che la certezza di salvare delle vite umane è altamente preferibile rispetto all’incertezza che alcune vite vadano salvate e altre perdute.

Come riusciamo a non finire tutti manipolati da pubblicitari, politici o lobby alimentari? Nel libro “L’illusione di sapere” di Massimo Piattelli emerge che è difficile vedere diversamente dal modo in cui siamo abituati a farlo e la stessa cosa vale per quanto riguarda il nostro modo di pensare.

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Ciononostante, un rimedio valido esiste ed è anche efficace in molti casi, ed è il doppio incorniciamento, praticamente ci si cura con la stessa trappola mentale che di solito ci inganna. Per capire come funziona il doppio incorniciamento bisogna analizzare la stessa informazione da un doppio canale sia positivo sia negativo e non accontentarsi di analizzare il problema seguendo solo le informazioni che ci vengono fornite. Per capirci sarebbe come pensare di conoscere una strada facendola solo in un senso di marcia e non in entrambi i sensi di marcia.

Il doppio incorniciamento venne studiato da due psicologi dell’Università di Chicago i quali sottoposero a un gruppo di studenti a una serie di scelte fra due ipotetici (A e B) trattamenti farmacologici. Se il trattamento A veniva presentato in termini di benefici il 61% degli intervistati lo sceglieva. Se veniva presentato in termini di perdite il 73% degli studenti allora sceglieva il trattamento B. Un terzo gruppo invece ricevette le informazioni contemporaneamente in entrambi i modi, in questo caso le preferenze fra il trattamento A e quello B si divisero in modo equo attorno al 50%.

Se non hai ancora capito come funziona l’effetto incorniciamento ti sarà molto utile questa storia. C’era una volta un giovane prete che chiese al vescovo se poteva fumare mentre pregava. Il vescovo gli rispose con un secco «NO!!».

Qualche anno dopo lo stesso giovane prete incontrò un anziano parroco (questa storia mi ricorda Don Gallo) che mentre pregava si stava fumando un sigaro toscano. Appena lo vide il giovane prete con aria indispettita lo redarguì: «Non dovrebbe fumare durante la preghiera! L’ho domandato io stesso al vescovo e me l’ha proibito». «Strano», replicò il vecchio parroco «ho domandato al vescovo se potevo pregare mentre fumavo e mi ha detto senza esitazioni che si può pregare in qualsiasi momento».