Il mito di Narciso: Un viaggio nell’amore autodistruttivo

Narciso
Il mito di Narciso

Il mito di Narciso è una delle storie più affascinanti della mitologia greca, e ci offre una profonda riflessione sull’importanza del sé e le sue implicazioni psicologiche. Esistono due versioni principali di questo mito: quella ellenica e quella romana. Di seguito, esploreremo entrambe le versioni, evidenziando le differenze chiave, in particolare riguardo alla morte di Narciso.

Versione Ellenica

Nella versione ellenica, Narciso si uccide con la stessa spada con cui la ninfa Eco si era tolta la vita, una spada che lo stesso Narciso le aveva dato. Questa versione sottolinea un narcisismo patologico, dove l’auto-ammirazione diventa ossessiva e distruttiva.

Versione Romana

Nella versione romana, narrata da Ovidio nelle sue “Metamorfosi”, Narciso muore di stenti, afflitto da un profondo dolore. La ninfa Eco, innamorata di Narciso, viene respinta e si consuma fino a diventare solo un’eco della sua voce.

Dalla Metamorfosi di Ovidio: Il Mito della Ninfa Eco

Questo fatto si doveva a Giunone, poiché tante volte Giunone avrebbe potuto sorprendere sui monti le ninfe a far l’amore col suo Giove, se quella (la ninfa Eco), astutamente non l’avesse trattenuta con lunghi discorsi, per dar tempo alle ninfe di fuggire. Quando la figlia di Saturno se ne accorse, disse: “Di questa lingua che mi ha ingannato potrai disporre poco: farai della voce un uso ridottissimo”. E alle minacce fece seguire i fatti: solo quando uno finisce di parlare, Eco duplica i suoni ripetendo le parole che ha udito.

L’Importanza del Sé nell’Affermarsi

Il concetto di sé è fondamentale per l’affermazione personale. In psicologia, il sé rappresenta l’insieme delle percezioni, delle emozioni e delle esperienze che una persona ha di se stessa. Un sé forte e positivo è essenziale per sviluppare una sana autostima e per affrontare le sfide della vita con fiducia. Narciso, tuttavia, rappresenta un caso estremo di auto-ammirazione, dove l’amore per se stesso diventa ossessivo e distruttivo. Narciso vuole afferrare se stesso, ma non ci riesce. Quello che gli interessa è unirsi a se stesso, essere un tutt’uno con la sua immagine. Il Sé diventa simbolo.

 Dalla Metamorfosi di Ovidio

 Ma questo sono io! Ho capito, e la mia immagine non m’inganna più! Brucio d’amore per me stesso, suscito e subisco la fiamma! Che devo fare? Farmi chiedere, oppure chiedere io? Ma poi, chiedere che? Quel che bramo l’ho in me: ricchezza che equivale a povertà. Oh potessi staccarmi dal mio corpo! Desiderio inaudito per uno che ama, vorrei che la cosa amata fosse più distante. E ormai questa sofferenza mi toglie le forze e non mi resta più molto da vivere, mi spengo nella prima giovinezza. E la morte non mi è gravosa, poiché con la morte finirà questa pena; ma vorrei che l’altro, l’amato, vivesse di più. Ora invece morremo congiuntamente, spirando, due, un’anima sola.

Le Implicazioni Psicologiche del Mito di Narciso

La storia di Narciso culmina in una tragica fine: innamoratosi del proprio riflesso in uno specchio d’acqua, Narciso si perde nella contemplazione della propria immagine, incapace di distogliere lo sguardo. Questa ossessione lo porta alla morte per annegamento. Questa è la versione conosciuta, anche se nel testo originale non è specificato come muore Narciso.

 Dal testo originale: Le ultime parole che egli pronunciò, tornando a guardare ancora una volta nell’acqua, furono: “Ah, fanciullo invano amato!” e il luogo gli rinviò altrettante parole. E quando disse “Addio!”, anche Eco disse “Addio!” Reclinò il capo stanco sull’erba verde. La morte buia chiuse quegli occhi che ancora ammiravano la forma del loro padrone.

Non sembra che Narciso si anneghi. Le storie cambiano mentre vengono raccontate. Ci sono diverse versioni e, nel 2004, è stata scoperta una versione antecedente a quella di Ovidio.

Psicologicamente, questo mito può essere interpretato come un avvertimento contro l’eccessiva auto-centratura e la mancanza di connessione con gli altri. Ci fa riflettere anche sull’importanza dell’analisi della realtà e su quanto sia pericoloso rimanere sull’idealizzazione astratta ed effimera del proprio Sé.

 

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L’ossessione di Narciso per la propria immagine riflette una condizione che in psicologia moderna potrebbe essere paragonata al narcisismo patologico. Questo disturbo è caratterizzato da un senso grandioso di importanza personale, un bisogno eccessivo di ammirazione e una mancanza di empatia verso gli altri. Le persone con tratti narcisistici possono avere difficoltà a stabilire relazioni autentiche e significative, poiché sono troppo concentrate su se stesse. Molto spesso, forse troppo spesso, sento diagnosticare questa patologia. Il narcisismo patologico è un disturbo ben specifico, il quale viene spesso confuso con personalità autocentrante e solitarie. Il narcisista patologico brama l’oggetto amato ma si sente respinto. Ma non si ferma a desiderare se stesso, respinge ed uccide chi lo ama. La ninfa Eco, in questo racconto, è una figura chiave. La ninfa Eco innamoratasi di Narciso, quando si palesa, viene respinta e nelle diverse versioni muore. Muore per stenti o perché Narciso la invita a suicidarsi con una spada. Il narcisista patologico non solo non sa amare, ma porta l’innamorata/o ad annientarsi emotivamente, psicologicamente e in alcuni casi fisicamente, come nel mito.

Conclusione

Il mito di Narciso ci insegna l’importanza di mantenere un equilibrio sano tra l’amore per se stessi e la capacità di connettersi con gli altri. Mantenere un principio di realtà forte e non immergersi in un mondo idealizzato. Affermarsi, con un Sé forte e positivo è essenziale per stare bene, ma l’autoaffermazione deve essere accompagnata da empatia e apertura verso il mondo esterno. Solo così possiamo evitare di cadere nella trappola dell’auto-ossessione e vivere una vita piena e soddisfacente. La società contemporanea è incentrata sul mito del “self-made man”, l’uomo che è riuscito con le proprie ed uniche forze ad affermarsi. Questo mito contemporaneo assomiglia molto a Narciso, e molte volte anche le conseguenze sono analoghe all’epilogo del racconto.

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