Comportamento ossessivo compulsivo: l’accumulo di oggetti: disposofobia è un tipico comportamento ossessivo compulsivo. Un comportamento ossessivo compulsivo tipico lo possiamo riscontrare quando dobbiamo traslocare. Quest’estate ho fatto l’ennesimo trasloco e come sempre mi sono detto: “perché non impari a buttare le cose?”. Quando si affronta un trasloco oppure quando ci decidiamo o ci obbligano a sistemare garage o sgabuzzino, ci troviamo sempre di fronte alla stessa domanda: “perché ho tenuto tutti questi oggetti?”. Siamo tutti affetti da un disturbo ossessivo compulsivo, da un comportamento disfunzionale?
Siamo degli essere che accumulano e facciamo una grande fatica a liberarci di oggetti inutili e a volte anche non funzionanti.
Perché?
I motivi sono molteplici.
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Perché ci è o ci sarà utile. Pensiamo che ogni cosa che abbiamo ce l’abbiamo perché ci serve e se non ci serve subito ci servirà. Ogni oggetto potrà tornirci utile. Di sicuro ci è successo di buttare una cosa e successivamente di cercarla perché ci serviva. Ecco quella è stata un’esperienza che ci ha fatto pensare: “non si deve buttare nulla perché prima o dopo mi potrà servire”.
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Perché siamo sentimentali. Ci affezioniamo ad oggetti che acquistiamo o che ci regalano. Carichiamo gli oggetti di un significato affettivo, fin quasi ad arrivare ad amarli. Ogni oggetto ha una propria storia e ci ricorda qualcosa. Buttarlo vorrebbe dire buttare una parte della nostra memoria storica.
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Gli oggetti che abbiamo ci rappresentano. Anche se il consumismo di massa ha portato a fabbricare milioni di oggetti identici, il nostro oggetto ci rappresenta, che sia un paio di scarpe o un gioco da spiaggia quell’oggetto è un’estensione del nostro IO. Quando l’ho usato o quando lo userò mi realizzerò. Ecco cosa ci diciamo prima di riporlo e dimenticarci della sua esistenza, prima di riprenderlo in mano per spostarlo quando ci serve altro spazio per nuovi oggetti.
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I genitori ti hanno insegnato a non sprecare. Anche se siamo figli del benessere, i nostri genitori in molti casi non lo sono stati. Anche i genitori più giovani insegnano ai propri figli a non sprecare cibo ed oggetti in generale. Questo retaggio culturale – dopo le vacche grasse arriveranno le vacche magre – ci viene insegnato in famiglia e a scuola: benessere ed abbondanza non sono eterni. Allora perché non buttare dei pantaloni che non mi andranno più bene e se riuscirò mai ad avere le stesse forme di vent’anni fa di sicuro saranno fuori moda? Cosa fa la mia mente? Se sono un uomo penso che lo potrò usare come straccio quando pulirò la moto e se sono una donna penso che li trasformerò in una bella borsa come quella che ho visto in quel negozio vintage. Ecco i pantaloni rimangano e siamo anche felici di sapere che sono ancora lì.
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Per controllo. Il controllo è la prima forma di sicurezza che mettiamo in atto da quando nasciamo. Sapere dove sono i nostri genitori ci rassicura. Se tengo tutto ho il controllo delle cose; se le butto non so più dove sono. Sapere che quella cosa è in garage è sempre una forma di controllo. Ci fa sentire bene sapere che i nostri oggetti sono con noi e non sono in un cassonetto che verrà svuotato ed il contenuto trasportato chissà dove.
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Semplicemente perché siamo dei bambini cresciuti. Mio figlio che ha appena due anni molto spesso litiga con i compagni del nido ripetendo in modo ossessivo: “è mio!, è mio!, è mio!” Potrei continuare per dieci minuti. Ebbene sì! L’essere umano molto probabilmente non nasce con l’istinto comunista, bensì con quello capitalista. A parte gli scherzi, siamo degli esseri geneticamente predisposto al possesso, un po’ come gli scarabei stercorari. Hai presente quell’insetto che si porta dietro una palla del proprio sterco per conquistare la sua bella? Ecco noi non siamo molto diversi: con le opportune differenze facciamo la stessa cosa.