Dopo l’ultimo articolo ti chiederai: come faccio a cambiare la mia valutazione cognitiva?
Prima di rispondere a questa domanda è importante sapere che, molte delle nostre sofferenze sono dovute all’idea sbagliata che le cose siano immutabili e che anche noi esseri umani non siamo avulsi da una regola che governa l’universo.
Quale sarà questa legge universale che facciamo finta non esista?
La conosciamo come Panta Rei “tutto scorre“, detta da Eraclito di Efeso, ripresa da Lavoisier con “nulla si crea, ma tutto si trasforma“. In fin dei conti la conosciamo tutti. La conoscono sia quelli che seguono gli insegnamenti di Budda sia chi è figlio del più razionale Illuminismo.
Questa semplice regola o legge fisica, era già stata presa in considerazione dalle discipline orientali tremila anni fa. Come vi ho detto, non solo Budda nell’estremo Oriente era arrivato a formulare questo principio, anche i nostri più mediterranei greci erano giunti alla medesima conclusione. Secondo i buddisti la base di ogni sofferenza umana è l’attaccamento, inteso come il volere. Vogliamo ad ogni costo, che le cose non cambino e che tutto rimanga uguale. Per mantenere questa idea dobbiamo fare una cosa semplice, voler credere che noi siamo quello che conosciamo e saremo sempre così.
Perché lo facciamo?
Perché il nostro cervello è pigro.
L’importante è accettare il cambiamento e una volta accettato, possiamo decidere di porre attenzione nel qui ed ora e non evitare quello che ci fa paura che, di solito è proprio quello che non conosciamo.
Per cambiare, trasformare o adattare un comportamento o un’emozione dobbiamo conoscerla, altrimenti è impossibile trasformala in qualcosa di diverso.
Ti consiglio di prendere carta e penna e di rispondere per iscritto a questi quesiti:
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Se ho un problema, la mia attenzione si focalizza sulle soluzioni concrete o tutte le mie energie sono rivolte nel mantenere il disagio emotivo che mi crea il problema?
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Se riesco a raggiungere un mio obiettivo, lo considero frutto della fortuna, di un aiuto esterno o delle mie capacità innate?
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Se non riesco a raggiungere un mio obiettivo, di solito che spiegazione mi creo per giustificare il fallimento?
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Quando inizio un’attività, mi focalizzo sulle mie capacità di problem solving per raggiungere l’obiettivo oppure mi focalizzo solo sugli aspetti negativi?
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Sono una persona che riesce a vedere la realtà per quello che è, oppure mi accorgo sempre che i miei obiettivi erano frutto dell’idealizzazione e si dimostrano irrealistici?
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Se mi trovo di fronte a una difficoltà frustrante, come mi comporto? La affronto o scappo?
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Quanta importanza riverso sulle emozioni negative, riesco a dare il giusto peso a quello che considero negativo?
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Ho la tendenza di vivermi le cose negative come immutabili oppure penso che siano transitorie?